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NUOVO E’ SEMPRE BELLO?

La storia è sempre la stessa. C’è un quartiere degradato: pareti scrostate, malavita, prostitute e clienti, magazzini e commerci di ogni genere, notti ubriache, scarichi rumorosi all’alba da navi o da camion. Un mondo parallelo, spesso nascosto. Quel quartiere (Jack lo squartatore agiva in una zona simile, a Londra) è vicolo posteriore delle città, l’anima “dark” di luoghi che lo spirito borghese dell’800 e ’900 (tutto facciate importanti, viali e boulevard) ha voluto nascondere alla vista.
Ebbene il “Meatpacking District a New York era così: un inferno di vitalità, quarti di bue, metropolitana sferragliante e sospesa, gente viva e gente morta. Da un po’ di tempo è diventato un quartiere “cool” (un San Salvario torinese, una Zona Tortona milanese o un Testaccio romano, per capirci). Qui arriverà il Whitney Museum (che stava nell’Upper East Side: quartiere alla Sex and the City,) il museo che raccoglie i capolavori dell’arte americana contemporanea. Il nuovoWhitney è firmato da Renzo Piano che lo ha definito: “Un meteorite caduto dal cielo, che giace su un supporto di vetro”. Ma questo ha sollevato polemiche. Dov’è lo” spirito del luogo”? si è chiesto il New York Times in un articolo abbastanza duro. Che ci fa questa scatola di vetro e acciaio asettica in un quartiere che aveva una meravigliosa atmosfera fuligginosa da waterfront industriale dei primi del ‘900, a cui gli anni ’90 hanno poi cucito addosso una patina trendy? Che ne è della “vibe” del Meatpack?
Il mondo sta cambiando, anche l’estetica e la percezione delle città e dell’uomo che ci vive. Se negli anni ’90 era normale che lungo il Tamigi palazzi in vetro cemento per fighetti-chic prendessero il posto di vecchi magazzini e depositi, forse ora è il momento di ripensare a questo processo che (come succede in Cina drammaticamente) cancella la memoria inseguendo un “nuovo” che sembra asettico come un detergente intimo.

by Grey(hound)

 

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