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I concerti del passato: i Genesis a Parigi nel 2007

Genesis, Parigi, Parc des Princes, 30 giugno 2007

di Marco Ledda

 

Genesis

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Il tempio del football parigino. Questa sera, però, non siamo qui per ricordare le giocate di Kopa e Fontane, eroi pallonai transalpini del lontano passato, ma per un altro rito della memoria, che, speriamo, possa, ancora per una sera, far vibrare le corde della nostra anima.

Quando, nell’autunno del 2006, si iniziò a parlare di una possibile reunion dei Genesis, anche se solo per un tour, si parlò di un incontro avvenuto tra i cinque musicisti della formazione classica degli anni ’70: Peter Gabriel, Mike Rutherford, Tony Banks, Phil Collins e Steve Hackett.

Poi, come da facile pronostico, Peter Gabriel si tirò indietro, pare per impegni improrogabili.

Al che non restò in piedi che il progetto di resuscitare l’altrettanto classica formazione anni ’80, con il risultato che a farne le spese fu il buon Hackett, che di questa, a suo tempo, aveva ormai smesso di far parte, e quindi giubilato dal progetto nonostante avesse dato una sua disponibilità.

Subentrarono pertanto i due gregari, mai ufficialmente Genesis a tempo pieno ma soltanto coinvolti on stage, il bassista e chitarrista Daryl Stuermer e il batterista ex Weather Report Chester Thompson.

Il risultato: una ventina di date tra Usa ed Europa, con l’immancabile merchandising, CD live e DVD del tour, tutto ciò che, insomma, potesse servire a rinverdire il mito e a, perché no, rimpinguare le tasche dei nostri eroi.

Rimaneva la curiosità di capire il senso di tutto questo: attualità o nostalgia del com’eravamo?

Il palco ricorda un viale periferico contornato di lampioni, ancora spenti nella luce crepuscolare.

Neanche un posto libero quando, all’ora stabilita, si spengono le luci di servizio e risuonano le prime note del brano anni’80 che dà il nome al tour, Turn it on again.

Phil Collins, che da 30 anni guida la band, prende subito in mano le redini dello show, da consumato entertainer qual è, siedendosi solo saltuariamente dietro alla batteria, lasciando a Chester Thompson l’incarico di dettare i tempi.

Tony Banks è uguale a come lo ricordiamo, solo il grigio tra i folti capelli riesce ad attualizzarlo.

L’allampanato Mike Rutherford divide da buoni compagni con Daryl Stuermer sia le parti di basso e di chitarra che l’attitudine a restare nell’ombra.

Lo show si incentra ovviamente sugli anni ’80, decade in cui la band abbandona l’immaginifico progressive dell’era Gabriel sterzando verso un elegante pop rock infarcito di spunti rhythm and blues, genere da sempre amato da Collins, che ne darà mostra anche nei dischi solo.

Appartengono a questa era le commercialmente fortunate Abacab, Land of confusion, No son of mine.

Ma quelle che paiono stregare maggiormente il pubblico parigino, e forse anche chi scrive, sono Ripples e Dance on a volcano, dall’album Trick of the tail (1976).

Ancora niente rispetto al momento in cui Tony Banks accenna le prime note di In the cage, dal concept album (o opera rock, come alcuni preferiscono) The lamb lies down on Broadway, ultimo dei capolavori dell’era Gabriel.

Certo, qui la canta Phil Collins , ma non si può aver tutto dalla vita, recita un vecchio adagio …

Il quale Phil ce la mette comunque tutta nelle due ore abbondanti del concerto, in cui si agita, duetta alla batteria e alle percussioni con l’amico Chester Thompson, abbozza siparietti divertenti ma, nello stesso tempo canta le canzoni su tonalità più basse dell’originale, a riprova di come il tempo sia inesorabilmente passato.

Si chiude con l’ennesima hit, Invisibile touch, prima degli inevitabili bis.

Anche qui, un colpo al cerchio e uno alla botte, I can’t dance, primi anni ’90, e The carpet crawlers, 1975.

Bilancio ?

Se fingessimo che la band vista stasera fosse ai suoi esordi, grideremmo al miracolo, considerando il panorama attuale, statico e ripetitivo.

Ma siccome From Genesis to revelation, il  loro esordio,  è datato 1969, anno in cui l’uomo era appena sbarcato sulla luna, forse questa serata è stata veramente l’ultima occasione di veder sul palco questi stanchi eroi che, seppur bolsi e spelacchiati, hanno comunque, con la loro classe, rinverdito alcune tra le più suggestive pagine della musica del secolo scorso.

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